La prima è quella di esistere in un’epoca post Internet, dove la rete incontra la realtà in quanto fattore abilitante di attività economiche che non potrebbero neppure essere pensate senza avere due o tre miliardi di persone connesse e, allo stesso tempo, consumatori di prodotti e servizi e fornitori degli stessi.
Chiariamo subito che per epoca post Internet non si intende che non esiste più il web ma che, così come nella dimensione dei media i nuovi arrivati si sono aggiunti ai predecessori senza eliminarli (carta stampata, radio, televisone, ecc), così in quela di Internet, dopo l’epoca di arpanet (mail e ftp) del web (mail, ftp e http), del search (mail, ftp, http e Google), del social (mail, ftp, http, Google e Facebook), caratterizzate da un consumo prevalentemente indoor, siamo entrati in un’epoca outdoor (mail, ftp, http, Google, Facebook e app) dove appunto due o tre miliardi di persone attraverso le app sui device mobili posseggono o pensano di possedere il mondo fuori di casa. E in effetti parlare dell’Internet delle cose, o Internet of Things, significa in qualche modo indicare un altro mondo dove persone e oggetti, e le persone nella misura in cui possiedono uno smarthphone, sono parte di un tutto e di tutto, di luoghi e non più di un luogo per quanto infinito nella sua dimensione digitale.
Non si tratta solo di un passaggio dentro/fuori ma di un contesto economico totalmente diverso: l’epoca Internet era ed è caratterizzata da due pilastri: pubblicità ed e-commerce, con una serie di “accessori” abilitanti di dimensioni impressionanti, paypal su tutti. Non esiste infatti differenza tra Google e Facebook nella misura in cui entrambi vendono paia di occhi a investitori pubblicitari non diversamente dalla vecchia e buona televisione intesa come palinsesto. Tanto che la frase di Jeff Hammerbacher, citazione esplicita e forse altrettanto allucinogena di Howl, riassume icasticamente questo dato di fatto: “The best minds of my generation are thinking about how to make people click ads,” he says. “That sucks.”.
L’epoca post Internet è caratterizzata invece dalla visione di due o tre miliardi di persone come cosumatori e/o produttori globali. In effetti guardare alla globalizzazione e ai suoi effetti da questo punto di vista offrirebbe una prospettiva molto interessante ma non meno preoccupante.